Caravaggio è un genio

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio

(1571 Milano – 1610 Porto Ercole)

Le Caravage in francese, è un artista italiano riscoperto nel XX secolo dallo storico dell’arte Roberto Longhi. 
Oggi è considerato uno dei più grandi pittori della nostra storia. Ha sconvolto il mondo della pittura occidentale e ha spinto lo stile chiaroscuro (clair obscure) fino al suo culmine.
Martin Scorsese lo considera « uno dei nostri migliori registi » per la sua utilizzazione del formato a mezza figura (piano all’americana), e per la violenza delle sue composizioni che richiamano l’Opera. Inoltre, Caravaggio ha dato il nome ad una tendenza pittorica che si é diffusa in tutta Europa: il caravaggismo.
La sua vita è stata oggetto di molte e recenti interpretazioni : artista maledetto, assassino, omosessuale, folle cannibale, lupo mannaro, extraterrestre ecc…e la morte di Pasolini su una spiaggia non ha fatto che aumentare l’aura mitologica della figura di Caravaggio. 

Caravaggio era un uomo del suo tempo nel suo tempo. Un’epoca violenta e cosmopolita. Era un artista virtuoso, intenso, ricco, un uomo di grande erudizione che frequentava i grandi nomi e mecenati del suo tempo. E’ morto giovane, con la promessa di un futuro luminoso. Purtroppo, gran parte del corpus delle sue opere è ormai scomparso. Nessuno dei suoi disegni é stato conservato, come nessun testo manoscritto, e la sua vita ha ancora molte zone d’ombra. La mancanza di interesse degli storici per questo maestro dal 1650 al 1950, ha contribuito alla scomparsa di archivi, opere o tradizioni orali. La fonte più completa che abbiamo, e che è stata la più commentata, è la biografia di Giovanni Baglione, che era suo nemico. 
Caravaggio rimane un tema di ricerca dalle prospettive assai aperte per i giovani storici.

Ciò che si muove è che è una croce di storie e che è anche conoscere tutte le mani che hanno toccato questi dipinti. Abbiamo tracciabilità sin dall’inizio, 1610, scambi tra personaggi fantastici come Peiresc, Mattia Preti, Lelio Pasqualini e il Papa.

Christian Morand, proprietario di entrambi i dipinti

Segnala Cécile Mathy
  Writing Culture France Télévisions

Il martirio di San Sebastiano

(circa 1610)

Un ingrandimento di San Sebastiano

Foto : Olvier Metzger – Vanity Fair

Dipinto intorno al 1610, il San Sebastiano di Caravaggio sarebbe stato destinato al cantiere romano della Basilica di San Sebastiano fuori le mura, commissionato da Scipione Borghese.
Questo capolavoro potrebbe essere definito come l’anello mancante nel corpus di Caravaggio.
Esso delucida il mistero dell’ultimo periodo del maestro e rivela un legame immediato con il Martirio di Sant’Orsola, l’ultimo quadro noto del Caravaggio. In esso il pittore fa riferimento ad un dipinto del suo maestro lombardo, Simone Peterzano: La Deposizione della chiesa di San Fedele a Milano. Caravaggio dipinse diverse versioni del martirio di San Sebastiano, descritte dai biografi di Caravaggio. Nel 2012 il Museo Nazionale di Belle Arti di Malta ha restaurato una copia del 1630-1637 di Mattia Preti, venduta nel 1694 da Mattia Preti a Fra Pietro Viani, Gran Priore dell’Ordine dei Cavalieri di Malta di San Giovanni di Gerusalemme (Ordine di Caravaggio). Mattia Preti morì nel 1699.

Il Santo é raffigurato a mezza figura, in una posa piuttosto insolita per questo episodio biblico. Il suo corpo si presenta fermamente alla luce con un gioco di curve e controcurve. Il ventre é scavato, la respirazione è tagliata, la pelle si tira sulle ossa. È il corpo di un morto (simile a quello della Resurrezione di Lazzaro o dei due Sant’Andrea di Cleveland e Back Vega), attaccato ad un albero ugualmente morto. Il tronco, appena percettibile, è posto su una roccia, con una cavità al centro. Questo processo pittorico è simile a quello di San Francesco in meditazione, la Resurrezione di Lazzaro, L’adorazione dei pastori e altre opere del 1609.

Il dipinto del Perdono

(circa 1610)

Oscura bellezza, si tratterebbe di un’opera personale, un autoritratto di Caravaggio. Dipinta in fretta e con ansietà, essa ci aprire le porte della sua intimità più segreta. Conosciuto come “il dipinto del Perdono” questo dipinto era originariamente destinato al cardinale Scipione Borghese al fine di ottenere la grazia del Papa.
Questo quadro avrebbe dovuto salvare la vita del Caravaggio. E non é la prima volta, poiché nel 1606 il pittore avrebbe offerto il suo San Francesco (Museo Civico de Cremona) al monsignor Protonotario Vescovo Apostolico Benedeto Ala, per interferire con il Papa per ottenere la sua grazia. 

In esso Caravaggio si è rappresentato come un satiro danzante, riprendendo l’antico modello del satiro danzante sul lato A del famoso Vaso Borghese (Museo del Louvre). In seguito, il maestro napoletano decise di ridipingere e trasformare il suo autoritratto satirico in un San Girolamo flagellante che riceve le stimmate di un San Francesco.
Il corpo del pittore diviene allora il depositario della sofferenza umana. Il “cattivo” satiro diventa un santo “buono”. Due miti si sono sovrapposti. Le diverse credenze del Caravaggio sono allora presenti in un’unica tela, un palinsesto che mescola sacro e profano.
Questa identificazione con la doppia figura di un santo satiro completa la lettura autobiografica delle opere, proposta da Roberto Longhi e ripresa da tutta la comunità scientifica. Inoltre, soggetti religiosi come San Francesco che riceve le stimmate (opera distrutta), San Girolamo o soggetti mitologici come il Amorino dormiente, tipico dell’ultimo periodo caravaggesco, entrano perfettamente in risonanza e formano una dialettica con la figura del Perdono.  

Questo dipinto illustra un esperimento comune ai pittori caravaggeschi, la “figura sola”, espressione di Giulio Mancini per definire la capacità di rappresentare un solo personaggio, spesso a metà figura.

SÉ inoltre opportuno porsi la questione dell’uso del termine Perdono per designare questo quadro.  Se ci riferiamo alla definizione iconologica del Perdono di Cesare Ripa, pubblicata nel 1593 (sopra), notiamo inquietanti similitudini tra questa definizione, l’illustrazione del termine, e la vita di Caravaggio: fu forse egli colpito da un pentimento segreto dopo l’assassinio di Tommaso Ranucci? Il segreto è pesto rivelato.

L’attitudine del personaggio si basa sul modello del satiro danzante rivolto verso il dio Dioniso del Vaso Borghese. Grazie alla radiografia, il drappeggio del braccio sinistro e il Tirso divengono ben visibili.  La sfera d’edera fu sostituita da un crocifisso, un teschio e una bibbia. Una natura morta di devozione. Il satiro danzante ha subìto una metamorfosi in una doppia figura autobiografica di santo-satiro. Un satiro che si frusta come un san Girolamo e riceve le stimmate di un san Francesco. Caravaggio non si rivolge più a Dioniso ma all’unico Dio, forse anche allo stesso Papa Paolo V Borghese, suo “salvatore” e patrono.  Il “dipinto del Perdono” è il simbolo della rinuncia a una vita di dissolutezza e lussuria, come nel Amorino dormiente scambiato con il famoso trafficante d’armi Francesco dell’Antella. Il dipinto è citato nel San Luca che dipinge la Vergine di Mattia Preti visibile nella Cappella della Cattedrale di Medina a Malta, dipinto nel 1698-99. Particolare attenzione è stata dedicata al viso. Il naso è stato ridipinto più volte. In origine era « à trompette ».

Il "dipinto del Perdono" - San Girolamo

Foto : Olvier Metzger – Vanity Fair

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